Villa Giusti dell'armistizio

Armistizio

del 3 novembre 1918

Nella serata del 30 ottobre 1918 a Serravalle in Val Lagarina (Trentino) la Commissione d’armistizio austro-ungarica, formatasi già all’inizio del mese, attraversò le linee per iniziare la trattativa. Essa era guidata dal Generale Weber von Webenau, delegato dall’Imperatore Carlo X, e ne facevano parte alti ufficiali di Stato Maggiore, fra cui il Generale di Corpo d’armata von Seiller e S.A.I. il Comandante di Marina Principe zu und von Liecthenstein. Dopo varie trattative la Commissione fu trasportata in auto, in un difficile viaggio interrotto anche da una foratura, a Villa Giusti, dove giunse nella serata del 31 ottobre e fu alloggiata con tutti gli onori. Alle 9.30 del 1 novembre il Generale Pietro Badoglio, Vicecomandante in capo e Presidente della Commissione italiana d’armistizio, giunse a Villa Giusti con l’intera delegazione, di cui facevano parte alti ufficiali di Stato Maggiore. Come interprete fu designato il capitano Trenner, cognato di Cesare Battisti giustiziato poco tempo prima dagli Austriaci; quando fu presentato al Generale Weber, questi esclamò “Conosciamo bene questo cognome”.

Così il giornalista Ugo Ojetti descriveva la villa e l’arrivo di Badoglio sul Corriere della sera del 2 novembre:

“Più brutta non si poteva trovare, ma gli austriaci la meritano. Brutta, sì, gialla, stinta e nuda, dell’Ottocento più borghese, piatto e trito che tra Pio X e De Pretis si possa immaginare. Ma quando il primo di novembre, sotto una nebbiolina azzurra che faceva leggera tutta la terra, l’automobile del generale Badoglio apparve al cancello, e una tromba dette i tre squilli e i quaranta carabinieri a cavallo, lucerna e cappotto grigio schierati lì su due file davanti alle finestre dei plenipotenziari, lo salutarono con le sciabole, che sembrò un baleno, quella diventò la più bella delle ville d’Italia le quali sono le più belle del mondo.”

La discussione fra le Commissioni fu molto intensa e complicata e durò tutte le giornate dell’1 e 2 novembre senza che si raggiungesse un accordo, anche se nei fatti si ebbe una tregua nei combattimenti. Il 3 novembre mattina la situazione divenne sempre più tesa, così che il Generale Badoglio, alzatosi di scatto, batté un pugno sul tavolo, quasi gridando:

“Io sono qui venuto per discutere lealmente da soldato fra soldati, non per sottilizzare su ripieghi e cavilli! Poiché così è, considero come nulli e non avvenuti gli accordi conclusi. La battaglia continua”, e ordinò: “Si revochi immediatamente l’ordine di sospensione delle ostilità.”

Di fronte a questa reazione, il generale Weber, desideroso di risparmiare altre morti e crudeltà, assunse personalmente l’iniziativa e alle ore 15 e 20 firmò l’armistizio così come era stato proposto da Badoglio.

L’armistizio non solo pose fine allo stato di guerra fra l’Italia e l’Impero Austro-ungarico, ma anche facilitò la risoluzione del conflitto più generale perché provocò un deciso indebolimento della posizione dell’Impero Germanico che ancora inten­deva resistere alle Potenze dell’Intesa.

I Firmatari

Comando Supremo
dell’Esercito Italiano

Ten. Gen. Pietro Badoglio

Magg. Gen. Scipione Scipioni

Colonn. Tullio Marchetti

Colonn. Pietro Gazzera

Colonn. Pietro Maravigna

Colonn. Alberto Pariani

Cap. vasc. Francesco Accinni

Comando Supremo
dell’esercito austroungarico

Gen. cCav. Viktor
Weber von Webenau

Colonn. Karl Schneller

Cap. di fregata
Principe Johannes vonund
zu Liechtenstein

Ten. colonn. F.von Nyékhegyi

Cap. di corvetta
Cav. Georg Zwierkowski

Ten. Colonn. Gen.
Barone Viktor von Seiller

Cap. di s.m. Kamillo Ruggera

La “Sala dell’Armistizio”

Le sedute delle due Commissioni d’Armistizio si svolsero nella sala centrale al primo piano allora una semplice sala di raccordo fra le camere da letto.

Essa è stata accuratamente conservata nel medesimo stato in cui si trovava il 3 novembre 1918.

Qui sono custoditi quasi tutti gli arredi presenti il 3 novembre 1918: il tavolo su cui fu firmato l’Armistizio, che ha una placca bronzea a ricordo dell’evento; due coppie di consolles di forme diverse su cui sono allineati residuati bellici; un tavolino — il tutto di legno leggero laccato in nero, nel tipico stile “povero” di fine ottocento. Attorno al tavolo, quattro seggiole nere di stile Thonet, delle quali una ha le gambe più corte, caratteristica che una voce popolare attribuisce al fatto che Vittorio Emanuele III, per la bassa statura, quando era in divisa non riuscisse a toccare terra con gli stivali se seduto su una seggiola d’altezza normale. In una teca sono custoditi una bandiera, che venne issata da un alpino su un albero del parco alla notizia della firma dell’Armistizio, e il tappeto che copriva il tavolo, ancora macchiato dell’inchiostro, del tè e del vino usati dai membri delle Commissioni durante le lunghe sedute. Nella sala sono anche presenti una Vittoria in bronzo di E. Rubino, donata da Vittorio Emanuele III, e una batteria di bombarde dell’epoca.

Alle pareti, sono appese le foto ufficiali della villa all’arrivo delle Delegazioni; una foto aerea di Vienna scattata durante il famoso “Volo su Vienna” di Gabriele d’Annunzio e da lui stesso donata; un’interessante e rara aerofotogrammetria di Padova eseguita dall’aviazione germanica nell’agosto del 1918; ritratti autografati del re, dell’ammiraglio Thaon di Revel, del Generale Diaz e del Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio; fotografie di un incontro del Presidente del Consiglio Antonio Salandra con il Re nel giardino del parco. È presente anche una riproduzione in bronzo dello storico Bollettino di Guerra del 4 novembre 1918 che comunicava la fine del conflitto e la vittoria delle truppe italiane.
Lungo lo scalone d’accesso alla sala, sono conservati vari diplomi attestanti l’at¬tività civile dei membri della famiglia; una parte di una collezione di cartoline “reggimentali”; le foto originali del giuramento da Senatore di Vettor Giusti del Giardino e della seduta del Senato del Regno d’Italia in cui al Presidente del Consiglio Antonio Salandra venne affidato il potere di dichiarare la guerra all’Impero Austro-ungarico.